#Adrenalingua #15 | Peer Review e Forche Caudine

Angelo Ventriglia
2 min readMay 2, 2021

Normalmente uno scienziato manda il suo articolo a una rivista, che lo gira a un gruppo (sorprendentemente ristretto) di colleghi che fa una serie di commenti, di solito anonimi. Se supera le forche caudine della peer-review (di solito ci vogliono mesi), il documento viene pubblicato (solo per i lettori che possono pagare un costoso accesso alla rivista).

Ha fatto bene Claudia Dalmastri a segnalare la maniera inappropriata con cui Ed Yong ha definito la Peer Review , in un articolo uscito su Internazionale 1395 con il titolo “La scienza nuova”.

C’è una cosa che non quadra nel lungo e ricco articolo di Ed Yong (Internazionale 1395). Le “forche caudine della peer review” servono proprio a evitare la diffusione di notizie, se non false, almeno premature e incomplete o comunque fuorvianti.

Nella lettera vengono messi in discussione altri passaggi dell’articolo, che definisce “lento e opaco” il sistema di pubblicazione:

(…) lento proprio perché la valutazione richiede tempo. E non è opaco: molte riviste sono open access e visibili a tutti.

La parte più debole dell’articolo (il resto è ben scritto e argomentato) si conclude così:

Ma oggi i ricercatori possono caricare versioni preliminari dei loro articoli, o “prestampe” (preprint), su siti liberamente accessibili, consentendo ad altri di leggerli immediatamente, per valutarli e servirsene.

Le parti che ho evidenziato in grassetto, anche nella citazione all’inizio, si prestano a essere ampiamente discusse e soprattutto rapportate alla complessità del processo di pubblicazione scientifica. In cui convivono oggi molte pratiche e policy diverse, con equilibri di potere non sempre facili tra più soggetti e generazioni: istituzioni, organizzazioni pubbliche e private, ricercatori, lettori.

P.S. Secondo Wikipedia, l’equivalente in inglese di (passare sotto le) “forche caudine” è running the gauntlet.

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